Il miracolo di Wembley
12 febbraio 1997. Sono passati esattamente vent'anni da quella sera. Il successo cinematografico de Il Ciclone aveva illuso un intero popolo che Leonardo Pieraccioni potesse essere divertente, Born Slippy degli Underworld non aveva ancora finito di martellarci in testa, mentre gli incentivi FIAT promettevano «3 milioni per un usato che vale 0». Dieci giorni dopo i Jalisse vinceranno Sanremo. Un Paese praticamente allo sbando che, come spesso capita, trova nel calcio l'anestetico capace di mettere a tacere, almeno per una notte, le pene di una vita intera. Mettetevi comodi e sintonizzatevi su TMC, canale numero 7 del vostro televisore a tubo catodico. A Wembley sta per cominciare l'incontro dell'anno.
Per apprezzare appieno il racconto di quella serata di vent'anni fa occorre partire da un po' più indietro, dall'estate precedente almeno, dal prato del Montjuic di Barcellona, dove Cesare Maldini conquista con la sua Under il terzo titolo europeo consecutivo. I vertici della FIGC, la stampa, l'opinione pubblica acclamano quell'anziano maestro di calcio che solo qualche anno prima veniva accolto con scetticismo da un popolo che allora aveva orecchie solo per il nuovo verbo "sacchiano".
Alla fine del 1996 la situazione è capovolta, chi come me era un bambino negli anni Novanta forse ricorderà i
ritornelli che invitavano Sacchi a prendere esempio dall’Italia di
Maldini, che facevano notare come ormai l’appuntamento da non perdere
fosse quello del martedì sera, con l’Under 21 a fare da scoppiettante
preludio ora a quella vittoria sofferta con la Lituania, ora a quella
prestazione da dimenticare con la Croazia di turno. Il 6 novembre, all'improbabile orario di pranzo di un mercoledì di lavoro si consuma l'ultimo atto dell'esperienza di Sacchi sulla panchina della Nazionale. La sconfitta per 2-1 contro la neonata Bosnia è il “rompete le righe” che tutti aspettavano. Sacchi è già promesso
al Milan, chiamato a salvare una stagione iniziata male e che finirà
peggio, mentre giornalisti e tifosi non aspettano altro di vedere
Cesare Maldini liberare i talenti "azzurri" dalle gabbie tattiche in cui il
“Mago di Fusignano” li ha per troppo tempo tenuti rinchiusi.
La fiducia che Cesarone si è guadagnato all’indomani della prima uscita amichevole contro l’Irlanda del Nord diventa rapidamente aperto ottimismo la sera del 12 febbraio 1997 a
Wembley. Italia e Inghilterra arrivano allo scontro diretto nelle qualificazioni per i Mondiali di Francia a punteggio
pieno e Vittorio Cecchi Gori siede sulla tribuna d’onore, tronfio di
compiacimento per aver strappato i diritti di trasmissione dell’incontro clou
del girone a mamma RAI. «Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta,
dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa…» la grafica scandisce a mo’ di
karaoke l’inno di Mameli in un periodo in cui, ricorderete, era in pieno
svolgimento la polemica sullo scarso patriottismo dei nostri calciatori
che, lungi dai canti a squarciagola a cui ci hanno abituato negli ultimi anni,
allora si limitavano a impercettibili movimenti delle labbra. God save
the Queen invece è la solita pelle d’oca, con il silenzio
dell’orchestra ad amplificare l’ululato di Wembley.
Parterre des rois per la serata di TMC. |
L’Italia prende fiducia, alza il baricentro e
pochi minuti dopo Zola trova un tiro al volo da fuori area che impegna
Walker. Improvvisamente Vialli, alla guida della spedizione italiana da
poco sbarcata a Stamford Bridge, fa uscire l’istrione che è in lui: «notavo che sia Zola che Di Matteo sembrano molto migliorati dagli
ultimi mesi a questa parte». Risatine. Alla mezz’ora Maldini, Paolo,
intercetta un passaggio di David Batty, scarta Gary Neville accorso in
scivolata, va sul fondo e mette in mezzo. Ince respinge, la palla torna
tra i suoi piedi, azzecca un pallonetto che lo mette faccia a faccia con
Walker, prova a servire in mezzo con un tocco di suola, ma arriva Pearce che
libera. Maldini, Cesare, si dispera.
Sul finire del primo
tempo manca poco che una marcatura non troppo stringente di Cannavaro e
un’uscita sbagliata di Peruzzi concedano allo spento Le Tissier il
pareggio. Dalla panchina il nostro nuovo CT, alla prima uscita
ufficiale, urla e si sbraccia nonostante il vantaggio e ne ha ben donde
da quando la sua squadra è tornata ad abbassarsi troppo e a subire
un’Inghilterra che vive soprattutto delle fiammate di Beckham.
Il
secondo tempo inizia com’era finito il primo, complice anche il
vantaggio, è l’Inghilterra a mantenere l’iniziativa. L’incantesimo
dell’Italia bella e arrembante è durato 10 minuti. Di fronte alla
pressione inglese che apre invitanti spazi per i nostri attaccanti,
Mancini rompe la timidezza e suggerisce l’ingresso di Chiesa. Nel
frattempo in campo due giocatori non smettono di rincorrersi. Quei
movimenti ci dicono qualcosa, ci sembrano financo familiari. Dove va
McManaman va Dino Baggio. Sempre, ovunque. Una marcatura personale che
copre tutta la nostra metà campo e libera uno dei loro centrocampisti
dai piedi un po’ meno buoni. Vialli, che ha già la stoffa del
commentatore, se ne accorge e lo dice chiaro: «dopo quattro anni di
gestione Sacchi siamo tornati alla vecchia ma sempre valida marcatura a
uomo.»
La partita si mantiene sullo stesso registro fino alla
fine, con il disordinato assedio inglese che si infrange sulla granitica
difesa “azzurra”. «Una vittoria all’italiana conclude Vialli», «preferisco vincere 1-0 così che pareggiare giocando bene» rintuzza
Bulgarelli. «Sono soddisfattissimo» è la prima dichiarazione di Cesare
Maldini, che glissa sui maliziosi apprezzamenti per la prestazione di
Dino Baggio. Poco gioco ma 3 punti a Wembley e la sensazione di essere
tornati a fare quello che sappiamo fare meglio. Cesare ci ha fatti tutti contenti, almeno per una notte.
Etichette: Anni 90, Cesare Maldini, Giacomo Bulgarelli, Gianfranco Zola, Gianluca Vialli, Inghilterra, Italia, Massimo Caputi, Nostalgia, Ricordi, Roberto Mancini, TMC/Telemontecarlo, Vittorio Cecchi Gori
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