giovedì 18 luglio 2019

AFCON 2019 Top XI


Chi mi segue.. già, chi?... dicevo, chi mi segue lo sa, c'è solo una cosa capace di smuovermi dal torpore che mi ha tenuto inattivo per tutto l'anno: la Coppa d'Africa. L'attesa decisione della CAF, che da anni studiava la possibilità di posticipare la competizione di qualche mese per venire incontro alle esigenze di calciatori e club, ha ulterioromente intasato questa prima metà di estate già affollatissima di eventi. Europei Under 21, Coppa America, persino la Gold Cup, hanno rappresentato ottimi diversivi per sfuggire alla vita reale ma, per dirla come i Sottotono, «solo lei ha quel che voglio»: quell'odore speziato, un po' esotico, capace anche d'estate di evocare ricordi dai colori saturi e di coprire il tanfo del gioco prodotto dalle squadre in campo, a maggior ragione in questa prima versione extra-large con 24 partecipanti. Le novità però non hanno soppiantato le tradizioni e come ormai è diventata consuetudine, anche questa Coppa d'Africa è passata di mano all'ultimo minuto, dal Camerun, che già non aveva pienamento digerito la scelta di aumentare il numero delle squadre da ospitare e che nell'ultimo anno si è trovato sull'orlo di una guerra civile tra maggioranza francofona e minoranza anglofona, all'Egitto, che ha messo a disposizione sei stadi, rimasti per lo più vuoti durante tutto il torneo eccetto che per le partite di Salah e compagni.

Fatto lo spiegone ora posso snocciolare gli undici nomi che ho scelto per la mia personale Top XI che, come l'ultima volta, si compone non dei migliori ma di coloro che in qualche modo mi hanno dato motivo di abbandonare i miei "remunerativi" per stare qua a scrivere gratis sull'Internet.

1 Mouez Hassen
24 anni - Tunisia
In porta non ho che l'imbarazzo della scelta: c'è Idriss Kameni, terzo portiere del Camerun dietro al forse sopravvalutato Onana e al mio prediletto Ondoa. Richiamato da Seedorf a nove anni dall'ultima partecipazione in Coppa d'Africa, mi ha riportato per un secondo alle superiori. Il suo nome circola da quasi vent'anni ma di anni, a volersi fidare della carta di identità, ne ha appena 35, non tantissimi per un portiere. Kameni è anche uno dei tre supersititi insieme a John Obi Mikel e a Tresor Mputu ad aver rimesso piede in Egitto a tredici anni di distanza dall'ultima Coppa d'Africa disputata tra le piramidi... sì, lo so, è che se non le dico adesso ste cose non le dico più. Oltre a lui c'è il solido Rais M'Bolhi, la faccia che ti aspetti di vedere sotto al portico di Via Petroni alle 2 di notte, c'è il "Puma" Gomis, portiere della SPAL che ha parato un rigore nella semifinale contro la Tunisia, c'è Elvis Chipazeze, portiere dello Zimbabwe sospettato della combine che avrebbe permesso al RD Congo di passare il turno nell'ultima partita del girone. Di fronte a tanta abbondanza però, almeno per questa volta, ho deciso premiare la gioventù di Mouez Hassen. Portiere della squadra riserve del Nizza, vanta cinque presenze con l'Under 21 francese e una vaga somiglianza con Sergio Ramos. L'anno scorso, alla vigilia del Mondiale francese, ha scelto di difendere i colori della Tunisia mettendosi subito in luce con una simulazione che permise ai suoi compagni di interrompere il digiuno del ramadan durante un'amichevole contro la Turchia. Reattivo e frizzante, fin dalle sue prime presenze Hassen è sembrato essere baciato dalla fortuna. Partito titolare ai Mondiali, si infortuna dopo 15 minuti, giusto il tempo di prendere due goal da Harry Kane e accomodarsi in panchina. Quest'estate Hassen ci ha riprovato e dopo una prestazione di livello nell'ottavo di finale contro il Ghana, sul punteggio di 1-0 per i suoi, subisce un rocambolesco autogoal al 92' in cui sembra quasi mettersi deliberatamente la palla alle spalle. Incolpevole alla prova delle diverse riprese TV, durante i supplementari Hassen sembra più volte sul punto di dover uscire per infortunio. Dopo 120 minuti, con i rigori ormai prossimi, il CT Alain Giresse pensa bene di mandare a scaldare il portiere di riserva. Se Hassen è il ragazzo belloccio che presenteresti ai tuoi, non si può dire lo stesso del suo sostituto, Farouk Ben Mustapha, sosia sovrappeso di Pio di Pio e Amedeo, al cui cospetto il muso lungo e gli occhi tristi di Hassen fanno ancora più tenerezza. Inutile dire come Ben Mustapha si prenderà il merito di tutto parando l'unico rigore sbagliato della serie. In semifinale con il Senegal il copione è lo stesso, con Hassen che una volta cade male, un'altra rimedia una gomitata da Mané e immediatamente si volta verso la panchina, il tutto sotto lo sguardo della regia che alterna sadicamente il primo piano di Hassen alla sagoma debordante di Ben Mustapha. Alla fine Giresse avrà pietà di Hassen che parerà anche un rigore prima di sbagliare un'uscita e provocare l'autogoal che condannerà la Tunisia all'eliminazione ai supplementari. TVB.

2 Ahmed Elmohamady
31 anni - Egitto
Fino alla fatale notte del Cairo è stata a tutti gli effetti la sua Coppa d'Africa. Fascia di capitano al braccio e un Paese intero a sostenere la squadra di Javier Aguirre, il terzino destro dell'Aston Villa sembrava destinato alla consacrazione definitiva, quella che lo avrebbe forse proiettato tra i mostri sacri del calcio egiziano al pari di Mohammed Salah. Già Salah, l'uomo che tutti attendevano e che invece ha spesso lasciato la scena proprio a Elmohamady, difensore con all'attivo appena tre goal nell'arco di oltre dieci anni di militanza in Nazionale e che nelle prime tre partite segna ben due goal, proprio come l'attaccante del Liverpool. L'ottavo di finale contro il Sudafrica sembra benevolo, tappa di trasferimento verso la storia. Non sarà così, un goal a tradimento subito nei minuti finali di una partita rimasta bloccata troppo a lungo soffoca le grida dei tifosi egiziani e spegne i sogni di eternità di Elmohamady che finisce mestamente in questa Top XI accanto ad Hassan Wasswa.

4 Kenneth Omeruo
25 anni - Nigeria
Due anni fa inserii nella Top XI il centrocampista ghanese Christian Atsu, per quattro anni di proprietà del Chelsea e mai sceso in campo in maglia blue prima del suo approdo definitivo al Newcastle. Omeruo, il cui cartellino appartiene anch'esso al Chelsea, di anni in esilio ne ha passati addirittura sei, sei come i club che ha cambiato dal 2013 ad oggi e sei come gli anni trascorsi dall'ultima partecipazione della Nigeria in Coppa d'Africa. Insieme a Obi Mikel e Musa, Omeruo è infatti uno dei tre sopravvissuti della storica vittoria del 2013, quando in coppia con l'"indimenticabile" Oboabona sbaragliò la concorrenza tra l'incredulità generale, riportando a casa un titolo continentale in uno dei momenti più oscuri della storia recente delle Aquile. Titolare in Nazionale a 20 anni, le quasi trenta presenze stagionali di media racimolate con i club confermano la solidità di questo centrale che negli ultimi anni sembrava avere perso terreno a vantaggio dell'Oyibo Wall formato dal difensore dell'Udinese Troost-Ekong e da Leon Balogun. Dopo un Mondiale da riserva Omeruo ha giocato sei partite ripagando la fiducia di Rohr con il goal decisivo segnato contro la Guinea. A neanche 25 anni, si candida per un posto nella prossima Top XI.

6 Hassan Wasswa
31 anni - Uganda
Ad oggi solo Gary Medel credo possa competere con questa roccia umana che non vedrei male interpretare un ruolo in un rifacimento dei Fantastici 4 a Wakaliwood. Svariati chilogrammi di muscoli compressi in 173 angusti centimetri fanno di questo centrocampista adattato a difensore centrale uno dei più compatti e solidi giocatori della Coppa d'Africa 2019 nonché uno degli oggetti più densi del sistema solare. L'ho subito notato con le sue treccine all'indietro mentre dava e prendeva sportellate in area di rigore, come ho notato la carriera da giramondo che si è messo alle spalle tra Etiopia, Turchia, Vietnam, Iraq ed Egitto. A completare il tutto c'è la strana cronologia delle sue presenze in Nazionale che nel 2006 lo vede giocare, diciottenne, ben otto partite per poi sparire e tornare in pianta stabile dal 2012 in poi. Al momento è senza squadra. Un oggetto misterioso, proprio come piace a noi.

3 Jeremy Morel
35 anni - Madagascar
Per chi non lo sapesse Jeremy Morel è un onesto difensore di Ligue 1 che dopo la gavetta passata a Lorient, a 27 anni, si guadagnò la chiamata del Marsiglia. Quattro anni in Provenza e poi il Lione, quasi una promozione per l'ormai 31enne francese che, nonostante le buone prestazioni, anno dopo anno ha visto diminuire le sue chance di essere convocato in Nazionale. Si sa come Deschamps abbia una una certa ritrosia alle novità, meno nota è la nazionalità malgascia del padre di Morel, che a fine 2018, constatata la qualificazione del Madagascar alla Coppa d'Africa, approccia l'allenatore Nicolas Dupuis facendogli presente che in caso di bisogno lui ci sarebbe. Un po' sorpreso e ignaro delle origini di Morel, Dupuis ci pensa un po' e capisce che la sua esperienza potrebbe tornare utile a una squadra che si affaccia per la prima volta a un grande torneo. Il resto è storia, il Madagascar vince il girone battendo la Nigeria con un clamoroso 2-0 e sbatte fuori la RD Congo ai rigori prima di arrendersi alla Tunisia ai quarti. Durante l'avventura egiziana Morel parte da riserva e si limita più che altro a dare il cambio sulla sinistra a Jerome Mombris ma in questa squadra è titolare fisso.

8 Romario Baggio Rakotoarisoa
25 anni - Madagascar
Letto il nome non potevo non inserirlo. Un nome bizzarro che ha destato le attenzioni di giornalisti e curiosi ma che si spiega facilmente con il suo anno di nascita, 1996, e con una passione non da poco nutrita per i due campioni dal padre di questo sconosciuto calciatore. Cercando a caso su Google i primi tre siti che ho controllato me lo segnalano come centrocampista difensivo, terzino e attaccante, un dubbio, quello relativo alla sua posizione in campo, che neanche il suo allenatore è riuscito a sciogliere dato che non lo ha mai schierato nel corso delle cinque partite giocate dal Madagascar.

5 John Obi Mikel
32 anni - Nigeria
Passerella d'addio per quello che è stato il giocatore più rappresentativo della Nigeria in questo primo scorcio di millennio ed anche il suo più grande rimpianto. Affacciatosi sulla scena internazionale nell'ormai lontano 2005, Obi Mikel chiuse il Mondiale Under 20 di quell'anno con un secondo posto e il titolo di secondo miglior giocatore del torneo, in entrambi i casi alle spalle di un certo Lionel Messi. Il passaggio dal Manchester United, che ne detenva il cartellino pur avendolo parcheggiato in Norvegia, al Chelsea fu il punto di svolta della sua carriera e probabilmente della storia recente delle Super Aquile. Dovendo rimpiazzare una generazione probabilmente irripetibile come quella degli artefici dei successi degli anni Novanta, i tecnici avvicendatisi sulla panchina nigeriana si trovarono praticamente ostaggio del talentuoso centrocampista del Chelsea che, sotto la direzione di Mourinho, stava però iniziando la metamorfosi che lo trasformerà da giocatore di costruzione a mediano di interdizione. Ecco, la creazione del gioco delle Aquile è da più di un decennio in mano a uno che nel suo club si preoccupa principalmente di rompere quello altrui. Un equivoco che a mio modesto parere riflette un problema più generale del calcio africano e i cui effetti sono stati confermati anche in questa Coppa d'Africa. Obi Mikel è tornato a sorpresa (non così tanta) in Nazionale dopo l'addio dell'anno scorso ma le sostituzioni subite negli unici due incontri concessigli sembrano davvero essere l'ultimo amarognolo capitolo della sua storia con le Aquile, la recente firma con il Trabzonspor in Turchia toglie ogni dubbio residuo.

7 Riyad Mahrez
28 anni - Algeria
Tra i più attesi due anni fa insieme a un'Algeria che era partita per vincere e che si trovò a casa già dopo la prima fase, in questa Coppa d'Africa si è mosso a fari spenti e oggi si ritrova in finale. Tre goal, tra cui quello con dedica segnato allo scadere nella semifinale con la Nigeria, ne fanno probabilmente l'MVP dell'intero torneo, e uno dei tre giocatori insieme a Salah e Mané a giocarsi lo scettro di migliore del continente. Con Guedioura, Bennacer e Belaili forma il centrocampo più forte del torneo nella squadra che al momento è sembrata senza dubbi la più consistente. Meglio tardi che mai.

10 Wahbi Khazri
28 anni - Tunisia
Conoscevo già il fantasista del Saint-Etienne ma questa è la prima volta che l'ho notato veramente. In tutto il torneo non ho visto nessuno incidere come il tunisino, ne è testimonianza il suo ingresso nel secondo tempo dell'ottavo di finale contro il Ghana. I suoi dribbling e finte di corpo portano rapidamente scompiglio nella difesa avversaria prima di lasciare che il pallone sfili davanti allo specchio della porta. Poco dopo con un colpo di tacco smarca Kechrida, libero di servire a Khenissi il pallone del vantaggio tunisino. L'ingresso di Khazri in quella partita è anche il punto di svolta di tutta la Coppa d'Africa per una Tunisia che era giunta agli ottavi come seconda del suo girone con tre punti frutto di altrettanti sconfortanti pareggi. Largo a destra o trequartista alle spalle della punta, il suo destro tagliato e potente lo rende temibile anche da calcio piazzato, mentre la corporatura tozza e la testa rasata lo fanno assomigliare a Roberto Carlos. Insomma, si è capito o no che mi piace questo Khazri?

11 Sadio Mané
27 anni - Senegal
È l'unica conferma rispetto alla squadra che stilai due anni fa. Rispetto ad allora, quando lo definii il giocatore più forte d'Africa, Mané può contare una Champions League vinta da protagonista e parecchia consapevolezza in più che lo proiettano su un piano che ormai va oltre il panorama continentale. Eppure, come due anni fa, sembra che a Sadio piaccia danzare sul sottile filo che separa la gloria dall'ignominia. Trascinatore fino al decisivo tiro dal dischetto che mandò a casa il Senegal nel quarto di finale contro il Camerun nella scorsa Coppa d'Africa, anche quest'anno Mané ha alternato prestazioni da leader a clamorose cappelle dagli undici metri con ben due errori che potevano pregiudicare nuovamente il cammino di una delle squadre favorite per il successo finale. I tre goal segnati finora fanno ancora pendere la bilancia a suo favore così come la decisione di lasciare il rigore in semifinale al compagno Saivet che ovviamente ha sbagliato pure lui. In finale contro l'Algeria farà di tutto per scongiurare la lotteria dei rigori.

9 Michael Olunga
25 anni - Kenya
Quando ho saputo della mancata qualificazione del Burkina Faso mi sono dovuto rassegnare all'idea che non avrei potuto inserire in attacco Aristide Bancé... e io amo Aristide Bancé. Alla ricerca di una punta altrettanto pachidermica e stilosa, una sera di giugno mi sono imbattuto in questo gigante kenyano che al tradizionale ruolo di boa che ci si aspetta da un giocatore come lui unisce anche un gran movimento. Era la sera del derby Kenya-Tanzania, probabilmente la partita più divertente di questa edizione della Coppa d'Africa, e per me anche la più emozionante. Il caso vuole che da neofita della ludopatia avessi giocato qualche euro sulle partite della giornata. Al sicuro del mio 1X per il Kenya e con la schedina quasi completata, seguo con fiducia le prime fasi di gioco. Dopo sei minuti il goal con cui Simon Msuva porta in vantaggio la Tanzania mi scaraventa in una crisi morale in cui alterno ripetute promesse di non scommettere mai più ad avventati tentativi di recupero giocando su improbabili campionati femminili del nord Europa e a maledizioni in kikuyu rivolte ai giocatori della Tanzania. Devono essere state queste ultime a provocare il rimbalzo anomalo che permette a Olunga di segnare in rovesciata il goal del pareggio kenyano. Seguono attimi di gioia che solo un tornaconto personale può regalare. Il tempo di complimentarmi con me stesso per la mia arguzia e competenza che un minuto dopo Mbwana Samatta rimette le cose in chiaro: «sei una fava con le scommesse». Si va al riposo sul punteggio di 2-1. Il secondo tempo è una sofferenza, ogni scatto di Masika, ogni filtrante di Wanyama e ogni lancio lungo per Olunga sono una promessa di redenzione che viene continuamente disattesa. Comincio a rassegnarmi all'idea di aver perso pochi spicci e che i poteri forti tramino contro di me. Quando tutto sembra perduto ecco che un certo Johana Omollo pareggia restituendomi la fiducia nel mondo persa mezz'ora prima. Olunga nel frattempo suda  e si sbatte da una parte all'altra del campo, torna a difendere e fa da riferimento per i compagni dietro. Io sudo a guardarlo. A dieci minuti dalla fine il solito Olunga riceve il pallone al limite dell'area e tira una ciabattata che si infila tra palo e portiere: è l'apoteosi, sento già il tintinnare della cassa, percepisco un improvviso innalzamento di quella cosa che i più definiscono autostima e provo un innato desiderio di scoprire le mie ascendenze kenyane. Me ne vado a letto con la convinzione che, dopotutto, il mondo è un bel posto. La mattina seguente controllo i risultati della notte certo che il Brasile non possa non aver vinto in casa con il Paraguay. Leggo 0-0, maledico il Sudamerica e Bolsonaro e mi avvio al lavoro con il fantasma di Mbwana Samatta che mi ripete nelle orecchie: «sei una fava con le scommesse!»

Allenatore - Aliou Cissé
Senegal
Il cuore dice Michel Dussuyer, archetipo dello "stregone bianco" con quell'aria trucida da reduce della legione straniera in cerca di riscatto. Il suo Benin è stata la grande sorpresa insieme al Madagascar, un piccolo esercito organizzato e cazzutissimo costruito per non perdere mai come dimostrano i quattro pareggi in quattro partite rimediati dagli Scoiattoli. La testa però dice Aliou Cissé, capitano del Senegal del 2002 e oggi simbolo degli allenatori africani che piano piano si sono ritagliati il loro spazio rimpiazzando i romantici ma spesso non indispensabili saggi europei. Quella di oggi tra Cissé e Belmadi sarà infatti la prima finale disputata tra CT africani dal 1998. Una finale ottenuta con le unghie da Cissé che con il sostegno degli ex compagni di Nazionale è riuscito a vincere la concorrenza del francese Giresse e ancora di più il pregiudizio della sua Federazione.

A centrocampo c'è un nome che fa reparto da solo.
E niente, è tardi e come al solito abbiamo detto più del necessario. Au revoir.

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