venerdì 13 luglio 2018

Renegades: la maledizione e la favola

Un uomo solo al comando, una favola e una maledizione che perseguita i giocatori dell'Arsenal durante il ritiro dell'Inghilterra alla vigilia delle notti magiche di Italia 90.


Un pesce d'aprile, non potevano esserci altre spiegazioni. Se non si fossero trovati a maggio inoltrato i sudditi di Sua Maestà non avrebbero potuto vederci che il più classico degli April fool. Il 21 maggio, dalla riserva naturale di Burnham Beeches, dove era stato organizzato il ritiro pre-Mondiale, il CT Robson annuncia la lista dei convocati e dà finalmente corpo a quella che fino a quel momento era apparsa ai più come una recondita fantasia: Steve Bull avrebbe preso parte alla spedizione in partenza per gli imminenti Mondiali in Italia. Una favola alla Schillaci la sua ma che per la sua forte provincialità ricorda più fenomeni locali come Lucarelli o Zampagna: nativo di Tipton, la sua carriera è racchiusa tutta nelle West Midlands dove muove i primi passi tra i professionisti con il West Bromwich Albion prima di essere ceduto frettolosamente ai rivali del Wolverhampton. Nei suoi primi tre anni al Molineux Stadium "Tipton Skin", così chiamato per l'allora inconsueto taglio rasato, costruisce buona parte della leggenda che ancora lo circonda da quelle parti mettendo a segno più di 100 reti tra campionato e coppe. Numeri che fanno rumore e che giungono fino all'orecchio del CT Robson, anche se provenienti dal seminterrato della terza divisione. Sì, perché quando nel maggio del 1989 Robson decide di convocarlo per un triangolare di fine stagione contro Scozia e Cile, Bull è ancora un giocatore di Third Division, seppur fresco di promozione con i Wolves. Risparmiato contro il Cile, nell'incontro con la Scozia Bull fa il suo ingresso in campo sostituendo lo zoppicante Fashanu. Quel giorno Bull entra nel ristretto novero dei giocatori ad aver vestito la maglia della Nazionale pur non giocando nelle prime due divisioni del calcio inglese, avvenimento mai più ripetutosi da allora. Nella ripresa la marcatura leggera dello scozzese McLeish offre all'idolo del Molineux la sua prima occasione da goal. Dopo un bel controllo di petto la sua conclusione finisce alla sinistra di Leighton. L'appuntamento con la storia però è solo rinviato. È  l'82' quando un'azione simile a quella precedente mette nuovamente Bull di fronte a Leighton. Questa volta la distanza è ravvicinata e il destro di Bull non lascia scampo al portiere. Gioia e incredulità si mescolano nella reazione dell'attaccante dei Wolves che si inginocchia mentre Gascoigne accorre per festeggiarlo. Dodici mesi dopo, contro la Danimarca, "Bully" si alza nuovamente dalla panchina, si scalda e prende il posto di Gary Lineker nella partita che convince una volta per tutte Bobby Robson della folle idea che aveva coltivato nei mesi precedenti. Alan Smith, che solo un anno prima si era laureato capocannoniere (di prima divisione questa volta) trascinando l'Arsenal alla vittoria del campionato sarebbe rimasto a casa a rosicare, sacrificato sull'altare del romanticismo.

Gazza & Bully.

Mentre Bull vive la sua favola, in una delle stanze dell'albergo dov'è alloggiata la squadra un uomo trattiene a stento le lacrime. I drammatici momenti che seguono l'esclusione di David Rocastle ci sono raccontanti dal suo compagno di stanza, il centrocampista del QPR Paul Parker, che nella sua autobiografia ricorda quegli istanti come i più duri della sua carriera. Rocastle, reduce come Smith da una stagione poco brillante con l'Arsenal, negli ultimi due anni si era comunque costruito una posizione stabile nel centrocampo di Robson, partecipando a quasi tutta la campagna di qualificazione, chiusa agevolmente senza sconfitte. Complice un ginocchio che lo tormenterà per il resto della carriera, le amichevoli pre-Mondiale lo vedono perdere posizioni prima che Robson gli conceda i venti minuti finali dell'amichevole con la Danimarca. Ritroverà la Nazionale un anno e mezzo dopo, sotto la gestione di Graham Taylor, prima che anche quest'ultimo gli tolga la soddisfazione di difendere i colori dell'Inghilterra in una grande manifestazione. Rimasto fuori anche dalla lista dei convocati per l'Europeo 92, la storia di Rocastle con la Nazionale si conclude lì, prima che un'altra grande delusione assesti il colpo definitivo alla sua breve carriera. Mister George Graham lo convoca nel suo ufficio. A fine allenamento i compagni scherzano, lasciando trasparire anche un briciolo di invidia per il rapporto privilegiato che lega David all'allenatore. Negli ultimi dieci anni, da quando cioè è approdato ad Highbury, Rocastle ha imparato a consocere tutto di quella stanza. Una strana ombra però colora le pareti quel giorno, un'ombra familiare, la stessa proiettata due anni prima dall'ingombrante sagoma di Bobby Robson allorché si presentò sulla soglia della porta di quella stanza d'albergo a Burnham Beeches. Alla fine della conversazione anche le lacrime sono le stesse. Sono le lacrime del tradimento, che per la seconda volta lascia il segno sulla pelle di Rocastle. George Graham, il maestro che per primo credette in quello sconosciuto ragazzino di South London,  gli comunica che adesso, dopo dieci anni di onorato servizio, è ora di fare le valigie. Non è più indispensabile Rocastle, ormai diventato più un grattacapo che altro con quel ginocchio malandato. Il Leeds lo aspetta per il ritiro estivo mentre nel suo cuore si fa notte. Manchester City, Chelsea, dove l'ex compagno di Nazionale Glenn Hoddle lo chiama convinto che dal buio che aveva dentro David potesse ancora portare la luce sul campo, Norwich, qualche partita in Malesia, il precoce ritiro, la malattia, la morte: sono le tappe di una vita conclusa a soli 34 anni, al termine di una carriera dove alba e tramonto si confondono fino a coincidere in un giorno di maggio, in una stanza d'hotel, alla vigilia di un Mondiale di calcio.

Coach Bobby Robson e i suoi ragazzi. Da sinistra: Rocastle, Beasant, Dorigo e Beardsley

Compagno di Rocastle, Tony Adams è il capitano della banda di ragazzi terribili che a metà anni Ottanta, Don Howe prima e Geroge Graham poi, gettano nella mischia appena maggiorenni e che nel 1989 aveva regalato all'Arsenal il primo titolo dopo quasi vent'anni. David Rocastle, Martin Hayes, Perry Groves, Niall Quinn, Michael Thomas, sono nomi su cui molti sono pronti a scommettere ma è su Tony Adams che si concentrano le speranze dei tifosi Gunners e non solo. Appena ventenne, Robson lo convoca per un'amichevole contro la Spagna dove Adams lascia subito il segno passando alla storia come il primo giocatore nato dopo l'impresa del 1966 a vestire la maglia della Nazionale. L'infortunio che alla fine del 1987 pone fine alla stagione di Terry Butcher spalanca le porte della difesa della Nazionale al giovane Adams che, a soli 21 anni, intravede la possibilità di giocare il successivo Europeo da titolare. Quella possibilità diventa certezza il pomeriggio del 12 giugno 1988, quando Tony Adams esce dallo spogliatoio e si incammina verso il tunnel che porta al terreno di gioco del Neckarstadion di Stoccarda. Indossa la maglia numero 6, sei come i minuti che bastano perché il sogno si trasformi in incubo: una palla alta piomba all'improvviso in area di rigore, il suo compagno di reparto e di bevute all'Arsenal Kenny Sansom rinvia maldestramente e serve Aldridge che, in netto anticipo su Adams, offre a Ray Houghton un pallone che chiede solo di essere schiacciato in rete. Jackie Charlton fa suo il derby delle isole britanniche e costringe i suoi connazionali a giocarsi le residue chance di qualificazione con l'Olanda.

Van Basten cancella il numero 6 Tony Adams.
Quattro giorni dopo Tony Adams è chiamato alla partita più importante della sua vita e i suoi avversari si chiamano Marco Van Basten e Ruud Gullit. L'Inghilterra inizia bene con due pali colpiti in apertura, quando però le due squadre aspettano solo di scendere negli spogliatoi per l'intervallo ecco che Gullit fa partire un esterno destro delizioso con cui pesca Van Basten in area, a contrastarlo il solo Adams. Il capitano dell'Arsenal sembra avere i piedi nell'argilla mentre davanti a lui il "Cigno" pattina sul ghiaccio: spalle alla porta, l'attaccante olandese disegna con il piede destro un 180° che lascia di sasso Adams prima di spostarsi la palla sul sinistro e battere Shilton. Il goal di Bryan Robson all'inizio della ripresa tiene vive per un altro quarto d'ora le speranze di qualificazione. È il 71' e Tony Adams guarda ripetutamente alla sua sinistra, dove forse, in cuor suo, si augura di vedere materializzarsi David O'Leary, suo compagno all'Arsenal, con cui negli anni ha messo a punto la proverbiale trappola del fuorigioco di George Graham, quella del braccio alzato, proprio quella che gli spogliarellisti di Full Monty prendono a ispirazione per uno dei loro numeri. Gli occhi di Adams però non incrociano lo sguardo complice di O'Leary, trovano invece il difensore del Derby County Mark Wright che, manco a dirlo, è fuori linea e tiene in gioco Gullit e Van Basten. Resosi conto dell'imminente disastro, Adams lascia la posizione lanciandosi sul pallone sporco che Wouters serve a Gullit. Lo manca. Non gli rimane che alzare il braccio nel disperato tentativo di chiamare un fuorigioco che non c'è prima che Van Basten segni la rete del 2-1. Quattro minuti dopo è ancora Van Basten a chiudere i conti, sfruttando il metro scarso concessogli a seguito di un calcio d'angolo e completando la tripletta che in un certo senso pregiudicherà la convocazione stessa di Adams ai successivi Mondiali. L'inutile goal con cui il capitano dell'Arsenal trova il momentaneo pareggio nella partita finale contro l'URSS, persa poi 3-1, non cancellerà gli errori della partita precedente, consegnando Adams al ruolo di capro espiatorio del disastroso Europeo tedesco e incrinando i rapporti con il CT Robson.

Tony Adams il suo Mondiale se lo gioca così.
Mentre l'Arsenal veleggia verso il titolo, in Nazionale Adams ha un ruolo sempre più marginale. Durante la campagna di qualificazione per Italia 90 gioca solo una volta, collezionando solo qualche presenza con la Nazionale B. Si guadagna comunque la pre-selezione e a quel punto sono in molti ad aspettarsi il lieto fine. Il 6 maggio 1990, al termine di un barbecue tra amici, Tony Adams sale sulla sua Ford Sierra. È sulla strada di casa e in corpo ha una quantità di alcol quattro volte superiore a quella consentita. Quando la polizia accorre sul luogo dell'incidente trova la parte anteriore dell'auto completamente distrutta. Quindici giorni dopo il verdetto: Adams è fuori ma «in tre o quattro anni potrebbe diventare il prossimo capitano della Nazionale», così il CT Robson cerca di indorare la pillola al suo giovane difensore che a dicembre verrà condannato a quattro mesi di carcere per l'incidente del maggio precedente e che deve subire lo smacco di essere sostituito da Mark Wright, proprio colui che due anni prima lo affiancò nella sfortunata gara con l'Olanda.

Robson nel frattempo cede alla pressione mediatica che da mesi batte sulla sua presunta infedeltà coniugale. Prima della partenza per l'Italia annuncia le dimissioni: ad aspettarlo dopo il Mondiale c'è un contratto da 250.000 sterline all'anno con il PSV Eindhoven e una stampa molto meno invadente.  Tra i suoi selezionati figurano ben quattro giocatori dei Glasgow Rangers, la squadra più rappresentata, che sotto la guida di Graeme Souness ha fatto incetta di giocatori inglesi a caccia di lauti compensi e interessati ad aggirare il bando europeo imposto dall'UEFA alle squadre inglesi dopo la finale dell'Heysel. Nutrita anche la schiera di giocatori del Liverpool, la squadra più titolata degli anni Ottanta, e del sorprendente Nottingham Forest, vincitore della Coppa di Lega, entrambe con tre elementi ciascuna. Manchester United, Tottenham e Derby County contribuiscono invece con due giocatori. Dell'Arsenal, che al pari dei Rangers contava quattro giocatori all'inizio del ritiro, rimane il solo David Seaman.

Terzo portiere dietro a Chris Woods e al veterano Shilton, del quale più di qualcuno ha chiesto l'esclusione dopo la sconfitta in amichevole con l'Uruguay di Tabarez, Seaman è gunner da meno di un mese. Acquistato dal QPR per il prezzo record di 1,3 milioni di sterline nell'allora finestra di mercato primaverile, al suo arrivo in Sardegna Seaman forse pensa di essere immune della maledizione che sembra aver colpito i giocatori dell'Arsenal alla vigilia del Mondiale. Il torneo è già iniziato quando Robson decide di concedere a stampa e tifosi l'accesso all'allenamento. Al riparo da ogni responsabilità, niente sembra poter turbare la vacanza di Seaman. Il clima è rilassato, fin troppo, e Robson riprende apertamente Paul Parker per il presunto scarso impegno. Colto da rabbia improvvisa per essere indicato come unico responsabile dall'allenatore, l'esterno del QPR colpisce il primo pallone che gli capita a tiro: «non ho mai colpito il pallone così bene in vita mia. Viaggiava veolcemente in direzione di David Seaman, che non stava guardando. Il primo rumore che udimmo fu il grido di dolore del portiere, subito circondato dai medici che si scambiavano sguardi preoccupati». Ci vuole poco per capire che il pollice si è rotto e che la maledizione dell'Arsenal ha raggiunto Seaman anche nel ritiro di Cagliari. La federazione inglese ovvierà all'inconveniente ottenendo un permesso di sostituzione dalla FIFA che regalerà al portiere del Chelsea Dave Beasant un inatteso ripescaggio.

Relax in ritiro: a sinistra David Seaman (foto di Giacomo Malvermi).

Si arriva finalmente a giugno, al termine di un mese che al sottoscritto è sembrato un anno, iniziato al fresco di Burnham Beeches e concluso al caldo della Sardegna. Sfiduciati, ma con la solita inconfessabile speranza, gli inglesi si apprestano a vivere le notti magiche che coloreranno i loro ricordi per i successivi trent'anni. Gazza ride e scherza, per il momento, Rocastle e Seaman piangono, Adams riempie il suo boccale di birra e Steve Bull segna contro la Tunisia nell'ultima amichevole prima dell'esordio Mondiale... ma questa è un'altra storia.

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