lunedì 9 febbraio 2015

Appuntamento col destino

[Doveva essere solo un breve appunto di poche righe per il post precedente, poi la mia vena romantica ha avuto la meglio.]
Boubacar "Copa" Barry, eroe per una notte e per sempre.
La Costa d'Avorio ha vinto. Due post fa avevo chiuso dando per scontato che anche questa volta non sarebbe successo e prontamente sono stato smentito. In ogni caso la vittoria è arrivata nel modo più ganzo e crudele possibile. Più che di una finale si è trattato di un incontro con il destino. Proprio quando il treno buono sembrava essere passato, Costa d'Avorio e Ghana si sono affrontate in quella che è parsa la resa dei conti tra le due squadre più forti degli ultimi 10 anni. Non le più titolate, non le più fortunate, anzi, ma le più forti.

Ogni anno doveva essere quello che avrebbe portato la gloria meritata e lungamente attesa. Quello che ogni anno lasciava erano invece le lacrime e la delusione. Il 2015 prometteva un cambio della guardia, le generazioni d'oro che avevano fatto la fortuna delle due nazionali ultimamente hanno cominciato a perdere pezzi, vecchie potenze sembravano sul punto di un'imminente riscossa e le medaglie d'argento, di bronzo e di legno accumulate nel tempo facevano sentire sempre di più il loro peso. Per tutte queste ragioni Costa d'Avorio-Ghana non era una finale scontata.

Una partita in sé bruttina, uno scialbo 0-0 frutto anche della paura di lasciarsi scappare quel traguardo spesso così vicino ma sempre troppo lontano. Alla fine si sarebbero potute saltare tranquillamente le prime due ore e andare direttamente ai rigori. Un estenuante 9-8 con parata e goal decisivo, sì tutti e due, del portiere della Costa d'Avorio. Tutto molto bello. A colpire però è l'impressionante serie di ricorsi storici e fatti più o meno casuali che fanno pensare che la vittoria degli Elefanti sia frutto di un intervento soprannaturale.

Una squadra destinata a vincere ma sempre beffata sul più bello. È stata la quarta finale per la Costa d'Avorio, è stata la quarta volta che se l'è giocata ai rigori. Strafavorita, nel 2006 e nel 2012 era andata male (a proposito nel 2012 a castigare la Costa d'Avorio ci pensò proprio Renard, che da lì iniziò a costruire la sua fama di nuovo "stregone bianco"). La prima volta invece fu quella più dolce, l'unica. Era il 1992. Finale contro il Ghana. Risultato dopo 120 minuti di gioco 0-0. Vittoria ai rigori 11-10, a segno anche l'allora portiere Gouamené. Qua mi fermo perché l'Adam Kadmon che è in me inizia a pensare che non sia solo un caso.

A rendere tutto più romantico c'è poi l'eroe della partita. Boubacar Barry detto "Copa", 35 anni, portiere. Copa nasce a Williamsville, periferia nord di Abidjan, in una delle tante famiglie che negli anni Sessanta e Settanta, dai paesi confinanti, si trasferirono in massa in Costa d'Avorio, la perla della vecchia Africa Occidentale Francese. L'esportazione di cacao e le attività portuali della capitale hanno reso l'economia ivoriana relativamente florida se paragonata a quelle delle vicine ex colonie francesi, rendendo il paese meta di ingenti flussi migratori. Oggi la popolazione della Costa d'Avorio annovera un 12% di cittadini immigrati su un totale di 20 milioni circa. Altro che "invasione" sbraiterebbero Le Pen e Salvini. La maggior parte proviene dal Burkina Faso ma anche la Guinea non scherza. Ed è proprio dalla Guinea che arrivarono i genitori del piccolo Boubacar.

Dalle strade polverose con l'immancabile "pallone di stracci" al campetto della scuola calcio il passo è breve. Copa infatti è uno dei tanti ragazzi che tra gli anni Novanta e Duemila transiterà dall'accademia fondata ad Abidjan da Jean-Marc Guillou, nazionale francese negli anni Settanta, chioccia del giovane Arsène Wenger negli anni Ottanta e scopritore di talenti/impresario negli anni successivi. L'Accademia Sol Beni funge tuttora da seconda squadra dell'ASEC Mimosas, la società più titolata del paese, e rappresenta il serbatoio per la prima squadra, la nazionale degli Elefanti e, con qualche torbido risvolto, anche per varie squadre europee. Nel 1999 Copa ha 19 anni, magrolino e non molto alto, difende i pali dell'ASEC. Un particolare: Copa è in prima squadra e insieme ad altri dieci suoi coetanei è impegnato nella partita valevole per la Supercoppa Africana. Pensateci, sarebbe come se la primavera dell'Inter con Costa, Camara e Bonazzoli si giocasse la Supercoppa Europea con il Real Madrid. Il caso volle infatti che dopo la vittoria in CAF Champions League dell'anno prima, l'allenatore dell'ASEC Oscar Fulloné venisse sostituito. Al suo posto? Jean-Marc Guillou. Sedutosi sulla panchina della prima squadra, la più forte del continente fino a prova contraria, Guillou ha un'idea: sostituire interamente l'ossatura della squadra promuovendo in blocco i suoi académiciens. A contendere la Supercoppa all'Espérance Tunisi quindi scese in campo una squadra con Copa in porta, il diciottenne Zokora affiancato dai minorenni Kolo Touré e Siaka Tiené in difesa, più avanti gli infanti Gilles Yapi Yapo e Aruna Dindane. Tutti in campo senza giustificazione dei genitori. Come in ogni favola che si rispetti il finale è lieto quanto imprevisto, i poppanti dell'Accademia vincono 3-1 ai supplementari. Davide sconfigge Golia e Copa torna nella sua Williamsville da vincitore, accolto come un eroe.
Gli académiciens con la Supercoppa Africana.
Da quel lontano 1999 ne è passata di acqua sotto i ponti. Molti dei ragazzini dell'accademia hanno sfondato in Europa dove sono diventati ricchi e famosi. E Copa? Che ne è stato di lui in questi 16 anni? Una discreta carriera in Belgio, una lunga militanza in nazionale e un amore mai sbocciato con i tifosi ivoriani, forse per qualche insicurezza tra i pali, forse per le sue origini che ne hanno fatto una sorta di straniero in patria.

Portiere titolare negli ultimi anni, è stato chiamato da Renard per fare il 12°. I riflettori, se mai c'erano stati, avevano abbandonato Copa già da un po' per posarsi su Sylvain Gbohouo, il nuovo guardiano dell'area di rigore su cui sono già piovuti elogi e su cui il suo procuratore sta già facendo i conti. Proprio prima della finale Gbohouo si fa male e nell'emergenza tocca al vecchio Copa. Giunto ai rigori, c'è da giurarci, Copa avrà ripensato alla sua carriera: l'inizio sfolgorante e le stagioni che si sono susseguite senza mantenere quelle promesse che sembravano scritte nel destino. Belle soddisfazioni ma anche tante delusioni tra mondiali sfortunati e ben due finali di Coppa d'Africa perse ai rigori. Ormai relegato al ruolo di vice, si sarebbe accontentato di guardare da debita distanza un'eventuale vittoria dei compagni più giovani, contento sì, ma forse con un pizzico di invidia per chi nella storia e nel cuore dei tifosi ci sarebbe entrato da protagonista. Invece il destino ha voluto diversamente. Ha voluto dare a Copa un'altra chance, un po' di inchiostro con cui scrivere ancora qualche pagina di un libro che pareva aver già dato il meglio di sé. Un primo capitolo fulminante, destinato a un prosieguo eccezionale ma che si risolve in un finale non all'altezza. Un libro carino, interessante si sarebbe detto, un libro da riporre sullo scaffale e di cui ci si sarebbe dimenticati presto. Copa però ha fatto buon uso di quell'inchiostro, regalando a se stesso un finale degno del primo capitolo, a un popolo intero un eroe a cui chiedere scusa e a tutti noi una lezione: non ci si presenta mai troppo tardi a un appuntamento col destino.
Le scuse di Abidjan: Copa Barry ti chiediamo scusa e ti diciamo grazie!



Etichette: , , , , , , , , , ,

La Coppa d'Africa 2015 in 10 punti

La Coppa d'Africa è finita. Evvaaaai, torna Er Tendina! Mo' so' cazzi per tutti su quella fascia sinistra diranno i tifosi della Roma. Ma non potevano prendersi pure Muntari ed Essien diranno i tifosi del Milan. E chissenefrega diranno tutti gli altri. Non avendo di meglio da fare io l'ho seguita questa Coppa d'Africa e visto che ho perso anche del tempo a cercare di vedere qualche partita, mo' vi beccate questo post. In 10 punti bilanci, aneddoti e tutto quello che "c'è da sapere".

1 La finale Una finale che più che una finale è stato un appuntamento col destino. Costa d'Avorio-Ghana era la finale che ci si attendeva da più o meno 10 anni e che è arrivata quando meno c'era da aspettarselo, almeno per me. 120 minuti anonimi e lotteria dei rigori da infarto con lacrime da entrambe le parti, di gioia quelle del portiere ivoriano, di disperazione quelle di André Ayew. Per tutte le coincidenze e l'eroe di giornata c'è il post seguente.

2 Equilibrio Un generale equilibrio ha pervaso il torneo. Il livellamento verso il basso tra squadre blasonate e non è stato evidente soprattutto nella prima fase, contrassegnata da tantissimi pareggi, incredibile il Gruppo D con cinque pareggi per 1-1 in sei partite. Le squadre più attese non hanno fatto vedere niente di che e quelle che dovevano essere le vittime sacrificali ne sono uscite quasi sempre a testa alta.

3 La monetina Simbolo dell'appiattimento totale è stato il sorteggio necessario per capire chi tra Guinea e Mali sarebbe passato ai quarti. Per la cronaca è passata la Guinea di Kevin Constant. Invece della monetina nello spogliatoio si è preferito un pomposo sorteggio in un albergo ma è lo stesso. Le storie di qualificazioni decise dalla monetina credevo fossero solo leggenda, una minaccia che poi non si concretizza mai, anche se l'Italia ci ha vinto un europeo così. Mi sono dovuto ricredere, succede davvero.

4 Congo-Congo L'evocativo derby del Congo è finito 4-2. Senza dubbio la partita più divertente del torneo. In 90 minuti si è segnato quasi di più che in interi gruppi della prima fase. Questo quarto di finale è stata una ventata d'aria fresca con belle storie da entrambe le parti. Per il Congo di Leroy, quello Brazzaville non democratico, era già un miracolo essere giunto fino a quel punto. L'iniziale 2-0 scaturito dagli unici due tiri in porta della squadra avrebbero autorizzato chiunque a sognare. Dall'altra parte il Congo-Kinshasa, quello democratico, ha visto premiati i suoi sforzi raggiungendo una meritata semifinale impreziosita dalla rimonta in stile Miracolo di Berna.

5 Swag Strisce e creste bionde assortite sono ancora di gran moda ma sono ancora più di tendenza se storte o decentrate. Balotelli prenda nota. 

6 La vedenza Il Gabon ha la maglia gialla e i pantaloni blu. Guardando una partita del Gabon da lontano sembrava di vedere il Brasile. Quest'estate ho avuto la sensazione opposta.

7 All'improvviso uno spilungone Nella Guinea Equatoriale gioca il nuovo Peter Crouch. È più legnoso e meno stiloso del mitico Peter. Non è neanche tanto nuovo visto che ha 30 anni. Si chiama Bosio. 

8 Un tipo allegro Javier Balboa è un bel giocatorino. Il passato nel Benfica vorrà pur dire qualcosa. Insieme all'arbitro è stato il principale artefice dell'approdo in semifinale della Guinea Equatoriale. Ha anche una vitalità che a confronto Pirlo è un animatore da villaggio turistico.

9 Giovinco In Africa si aggira un arbitro che sembra Giovinco.  

10 Disagio Le ridotte dimensioni del paese e la situazione di emergenza che ha costretto la Guinea Equatoriale ad organizzare tutto in meno di due mesi ha inevitabilmente prodotto dei disagi. Due delle quattro città erano palesemente impreparate a un evento del genere. Nessuno voleva soggiornare a Ebebiyin e Mongomo, piccole cittadine nella foresta al confine con il Gabon. In mancanza di hotel le squadre hanno alloggiato in strutture residenziali in via di assegnazione, in pratica delle case popolari sprovviste di acqua, elettricità e internet. Alla Tunisia lo spostamento da Ebebiyin a Bata è costato un viaggio di cinque ore nella foresta su due autobus. Durante il ritiro, per fare la doccia l'unica possibilità era recarsi fino al centro sportivo, la cena era rigorosamente a lume di candela, o di iPhone. L'allenatore Leekens sembra averla presa con filosofia e con un pizzico di nostalgia: questa Coppa d'Africa è stata un tuffo negli anni Sessanta.
Alla fine della prima fase l'impreparazione delle due città è diventata evidente, i campi deteriorati e i disagi nei ritiri hanno convinto gli organizzatori a spostare tutto nelle più grandi Bata e Malabo.
L'atmosfera però era bella calda, malgrado gli stadi semivuoti e la campagna di terrore del presidente Teodoro Obiang: se le imprese non compreranno biglietti per i propri dipendenti non gli affideremo più nessun progetto pubblico. Sono diventate ricche in questo paese. È arrivato il momento di aiutare la Guinea Equatoriale perché la Coppa d'Africa sia un successo. Se ne è accorto il Ghana, sommerso da lanci di bottiglie e oggetti vari nella semifinale vinta 3-0 dopo una sospensione di mezz'ora.
Insomma un gran casino, ma non è questo che vogliamo?


Etichette: ,