Appuntamento col destino
[Doveva essere solo un breve appunto di poche righe per il post precedente, poi la mia vena romantica ha avuto la meglio.]
La Costa d'Avorio ha vinto. Due post fa avevo chiuso dando per scontato che anche questa volta non sarebbe successo e prontamente sono stato smentito. In ogni caso la vittoria è arrivata nel modo più ganzo e crudele possibile. Più che di una finale si è trattato di un incontro con il destino. Proprio quando il treno buono sembrava essere passato, Costa d'Avorio e Ghana si sono affrontate in quella che è parsa la resa dei conti tra le due squadre più forti degli ultimi 10 anni. Non le più titolate, non le più fortunate, anzi, ma le più forti.
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Boubacar "Copa" Barry, eroe per una notte e per sempre. |
Ogni anno doveva essere quello che avrebbe portato la gloria meritata e lungamente attesa. Quello che ogni anno lasciava erano invece le lacrime e la delusione. Il 2015 prometteva un cambio della guardia, le generazioni d'oro che avevano fatto la fortuna delle due nazionali ultimamente hanno cominciato a perdere pezzi, vecchie potenze sembravano sul punto di un'imminente riscossa e le medaglie d'argento, di bronzo e di legno accumulate nel tempo facevano sentire sempre di più il loro peso. Per tutte queste ragioni Costa d'Avorio-Ghana non era una finale scontata.
Una partita in sé bruttina, uno scialbo 0-0 frutto anche della paura di lasciarsi scappare quel traguardo spesso così vicino ma sempre troppo lontano. Alla fine si sarebbero potute saltare tranquillamente le prime due ore e andare direttamente ai rigori. Un estenuante 9-8 con parata e goal decisivo, sì tutti e due, del portiere della Costa d'Avorio. Tutto molto bello. A colpire però è l'impressionante serie di ricorsi storici e fatti più o meno casuali che fanno pensare che la vittoria degli Elefanti sia frutto di un intervento soprannaturale.
Una squadra destinata a vincere ma sempre beffata sul più bello. È stata la quarta finale per la Costa d'Avorio, è stata la quarta volta che se l'è giocata ai rigori. Strafavorita, nel 2006 e nel 2012 era andata male (a proposito nel 2012 a castigare la Costa d'Avorio ci pensò proprio Renard, che da lì iniziò a costruire la sua fama di nuovo "stregone bianco"). La prima volta invece fu quella più dolce, l'unica. Era il 1992. Finale contro il Ghana. Risultato dopo 120 minuti di gioco 0-0. Vittoria ai rigori 11-10, a segno anche l'allora portiere Gouamené. Qua mi fermo perché l'Adam Kadmon che è in me inizia a pensare che non sia solo un caso.
A rendere tutto più romantico c'è poi l'eroe della partita. Boubacar Barry detto "Copa", 35 anni, portiere. Copa nasce a Williamsville, periferia nord di Abidjan, in una delle tante famiglie che negli anni Sessanta e Settanta, dai paesi confinanti, si trasferirono in massa in Costa d'Avorio, la perla della vecchia Africa Occidentale Francese. L'esportazione di cacao e le attività portuali della capitale hanno reso l'economia ivoriana relativamente florida se paragonata a quelle delle vicine ex colonie francesi, rendendo il paese meta di ingenti flussi migratori. Oggi la popolazione della Costa d'Avorio annovera un 12% di cittadini immigrati su un totale di 20 milioni circa. Altro che "invasione" sbraiterebbero Le Pen e Salvini. La maggior parte proviene dal Burkina Faso ma anche la Guinea non scherza. Ed è proprio dalla Guinea che arrivarono i genitori del piccolo Boubacar.
Dalle strade polverose con l'immancabile "pallone di stracci" al campetto della scuola calcio il passo è breve. Copa infatti è uno dei tanti ragazzi che tra gli anni Novanta e Duemila transiterà dall'accademia fondata ad Abidjan da Jean-Marc Guillou, nazionale francese negli anni Settanta, chioccia del giovane Arsène Wenger negli anni Ottanta e scopritore di talenti/impresario negli anni successivi. L'Accademia Sol Beni funge tuttora da seconda squadra dell'ASEC Mimosas, la società più titolata del paese, e rappresenta il serbatoio per la prima squadra, la nazionale degli Elefanti e, con qualche torbido risvolto, anche per varie squadre europee. Nel 1999 Copa ha 19 anni, magrolino e non molto alto, difende i pali dell'ASEC. Un particolare: Copa è in prima squadra e insieme ad altri dieci suoi coetanei è impegnato nella partita valevole per la Supercoppa Africana. Pensateci, sarebbe come se la primavera dell'Inter con Costa, Camara e Bonazzoli si giocasse la Supercoppa Europea con il Real Madrid. Il caso volle infatti che dopo la vittoria in CAF Champions League dell'anno prima, l'allenatore dell'ASEC Oscar Fulloné venisse sostituito. Al suo posto? Jean-Marc Guillou. Sedutosi sulla panchina della prima squadra, la più forte del continente fino a prova contraria, Guillou ha un'idea: sostituire interamente l'ossatura della squadra promuovendo in blocco i suoi académiciens. A contendere la Supercoppa all'Espérance Tunisi quindi scese in campo una squadra con Copa in porta, il diciottenne Zokora affiancato dai minorenni Kolo Touré e Siaka Tiené in difesa, più avanti gli infanti Gilles Yapi Yapo e Aruna Dindane. Tutti in campo senza giustificazione dei genitori. Come in ogni favola che si rispetti il finale è lieto quanto imprevisto, i poppanti dell'Accademia vincono 3-1 ai supplementari. Davide sconfigge Golia e Copa torna nella sua Williamsville da vincitore, accolto come un eroe.
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Gli académiciens con la Supercoppa Africana. |
Portiere titolare negli ultimi anni, è stato chiamato da Renard per fare il 12°. I riflettori, se mai c'erano stati, avevano abbandonato Copa già da un po' per posarsi su Sylvain Gbohouo, il nuovo guardiano dell'area di rigore su cui sono già piovuti elogi e su cui il suo procuratore sta già facendo i conti. Proprio prima della finale Gbohouo si fa male e nell'emergenza tocca al vecchio Copa. Giunto ai rigori, c'è da giurarci, Copa avrà ripensato alla sua carriera: l'inizio sfolgorante e le stagioni che si sono susseguite senza mantenere quelle promesse che sembravano scritte nel destino. Belle soddisfazioni ma anche tante delusioni tra mondiali sfortunati e ben due finali di Coppa d'Africa perse ai rigori. Ormai relegato al ruolo di vice, si sarebbe accontentato di guardare da debita distanza un'eventuale vittoria dei compagni più giovani, contento sì, ma forse con un pizzico di invidia per chi nella storia e nel cuore dei tifosi ci sarebbe entrato da protagonista. Invece il destino ha voluto diversamente. Ha voluto dare a Copa un'altra chance, un po' di inchiostro con cui scrivere ancora qualche pagina di un libro che pareva aver già dato il meglio di sé. Un primo capitolo fulminante, destinato a un prosieguo eccezionale ma che si risolve in un finale non all'altezza. Un libro carino, interessante si sarebbe detto, un libro da riporre sullo scaffale e di cui ci si sarebbe dimenticati presto. Copa però ha fatto buon uso di quell'inchiostro, regalando a se stesso un finale degno del primo capitolo, a un popolo intero un eroe a cui chiedere scusa e a tutti noi una lezione: non ci si presenta mai troppo tardi a un appuntamento col destino.
Le scuse di Abidjan: Copa Barry ti chiediamo scusa e ti diciamo grazie! |
Etichette: Abidjan, Africa, ASEC, Boubacar "Copa" Barry, Coppa d'Africa, Costa d'Avorio, Jean-Marc Guillou, Personaggi, Portieri, Racconti, Squadre
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