Remuntada al quarantena bis
Il coronavirus ci ha lasciati orfani del calcio e così, senza più dirette Sky e Dazn, il nostro palinsesto sportivo si popola di ricordi. Cedo quindi la linea al Velodrome per la rimonta più hardcore di cui sentirete parlare quest'anno.
Quello che sta rendendo veramente provanti questi giorni di quarantena passati a colpi di decreto e con un regime poliziesco che sta rapidamente prendendo forma sotto i nostri occhi, ne converrete, è soprattutto l'assenza del calcio, bene di prima necessità di cui l'uomo italico è stato privato minandone la stabilità psichica e innescando un progressivo processo di erosione del tessuto economico e sociale all'evidente scopo di provocare l'implosione del pilastro debole dell'Unione Europea. E fin qui ci siamo. In questo contesto di deprivazione però ci viene per fortuna in soccorso il canale Youtube dell'Olympique Marsiglia che da qualche giorno, con l'accattivante hashtag "StayAthOMe", allieta l'isolamento dei suoi sostenitori con dirette streaming in cui ripropone le partite più memorabili del club bianco-azzurro.
I cookies del browser, si sa, sono lo specchio dell'anima. Sono loro infatti a leggermi dentro quando, dopo aver consumato tutta la letteratura scientifica sul coronavirus contenuta nell'archivio di Byoblu, tra il baffo di Giulietto Chiesa e la maschera FFP3 di Rosario Marcianò, mi fanno spuntare tra i video suggeriti Marsiglia-Montpellier 5-4. L'anomalia del punteggio cattura il mio sguardo distraendomi per un attimo dai tempi di permanenza del virus sulle superfici. Non ho un cazzo da fare così bastano nove goal e una foto d'epoca di Christophe Dugarry nel thumbnail a convincermi. Mi appresto a iniziare la visione sperando vivamente che si tratti di una rimonta. Sarei proprio curioso di assistere a una rimonta netta, da 0-4 a 5-4, visto che le rimonte maggiori di cui ho memoria si fermano a un Lecce-Milan 3-4 e all'incredibile 7-5 che l'Arsenal inflisse al Reading in una vecchia edizione della Coppa di Lega ma terminato ai supplementari.
Schiaccio play e mi trovo in una serata di fine estate, è il 22 agosto 1998, nello stesso stadio che poco più di due mesi prima aveva visto esordire i bleus nel loro Mondiale. Le formazioni che scendono in campo al Velodrome schierano nomi bellissimi. L'OM si presenta con Porato tra i pali, in difesa Blondeau, Domoraud, sì, proprio lui, Laurent Blanc, uno dei tanti ex della serata e un giovanissimo William Gallas. A centrocampo ci sono Eric Roy, l'ex Parma Daniel Bravo, Jocelyn Gourvennec e Robert Pires. Davanti, nel più piatto dei 4-4-2 anni Novanta, la coppia Ravanelli-Maurice. Nonostante i campioni del mondo giochino quasi tutti in Italia, quella sera ne troviamo ben tre, oltre a Blanc e Pires infatti c'è anche Christophe Dugarry che, chi se lo ricorda, capirà bene perché sieda in panchina. Anche il Montpellier presenta qualche nome nostalgico: il giovane Laurent Robert, che vedremo anni dopo al Newcastle, lo specialista dei calci piazzati Franck Sauzée, pilasto del Marsiglia campione d'Europa nel 1993, l'esterno Manuel Dos Santos, che di lì a qualche anno si trasferirà proprio a Marsiglia e il mio idolo, Ibrahima Bakayoko, o meglio "Buggayoko" per quanto era "buggato" nei FIFA di quegli anni. In Italia vedremo il suo fantasma aggirarsi a Livorno qualche stagione più tardi. Ad arbitrare l'incontro, manco a dirlo in questi giorni di pandemia, il Sig. Alain Sars!
Inizia la partita e i padroni di casa conducono il gioco. Blanc e Bravo, i più tecnici in mezzo al campo, impostano, con il primo che si sgancia sovente in avanti esponendo la difesa alle penetrazioni di Robert e Bakayoko. I due attaccanti paillades sono gli osservati speciali della serata, per loro infatti è arrivato un emissario del West Ham che siede in tribuna. Il Montpellier, che invece sembra avviarsi a una partita di rimessa, da provinciale in trasferta, dopo quattro minuti trova il goal con Bakayoko che, servito da Gravelaine, parte in fuorigioco, dubbio. Sono i padroni di casa a mantenere l'iniziativa che il più delle volte però non oltrepassa il centrocampo, costringendo gli attaccanti a decentrarsi e a scendere in cerca del pallone. Il Montpellier prende campo, soprattutto sulla sinistra, dove Roy e Blondeau faticano a contenere la velocità di Dos Santos e Robert. Da una rimessa dal fondo, al 14', la palla finisce tra i piedi di Pascal Fugier che pesca un liberissimo Gravelaine, completamente dimenticato da Bravo. Gli spazi offerti dalla squadra allenata da Rolland Courbis sono enormi, forse irripetibili ai nostri giorni, sia quelli verticali tra i reparti che quelli orizzontali tra i difensori. È quindi un gioco da ragazzi per Bakayoko infilarvicisi e ricevere il delizioso scavetto di Gravelaine: 1-0 per gli ospiti.
Il Montpellier comincia a muovere la palla con confidenza, spostando da una parte e dell'altra del campo i giocatori bianco-azzurri che cominciano a sentire nelle orecchie i fischi del Velodrome. Quattro minuti dopo il goal di Bakayoko, un lancio lungo di un difensore trova ancora una volta Robert a sinistra che, privo di marcatori, è anche tenuto in gioco da una linea difensiva disposta come shanghai davanti all'area di rigore. Braccato da Roy, Robert ha lo specchio della porta praticamente chiuso ma riesce a indovinare l'unico pertugio tra il piede del suo inseguitore e quello del portiere.
Sul 2-0 il Montpellier sa di potersi limitare a gestire la partita e ad ogni attacco subito corrisponde un contropiede che minaccia la retroguardia dell'OM. Su un affondo di Gravelaine, Patrick Blondeau si becca un giallo. Testa matta e faccia da duro per il terzino sinistro marsigliese che al suo attivo ha due ammonizioni nelle tre partite fin lì disputate e una figliola barely legal che fa la modella. Dalla conseguente punizione Franck Sauzée lascia partire un destro a giro che rimbalza davanti a un non impeccabile Porato e si accomoda alla sua sinistra per il più classico dei goal dell'ex.
Sotto di tre reti i padroni di casa hanno un moto di orgoglio e mettono insieme tre azioni pericolose nel giro di pochi minuti. Una di queste termina anche con un goal che però un guardalinee con le sembianze di Salvini si sente in dovere di annullare per un presunto fuorigioco di Ravanelli. Risponde subito Bakayoko, il cui tiro colpisce l'esterno della rete. Il ritmo è sostenuto, considerato anche che ci troviamo a fine agosto, e le fulimnee verticalizzazioni nelle quali si esplicava lo stile di gioco dell'epoca regala uno spettacolo piacevole anche se non raffinatissimo. Nel suo momento migliore il Marsiglia viene come al solito punito da un contropiede che parte da un intercetto di un difensore che consegna la palla ai sapienti piedi di Gravelaine. Già lanciato e pronto a ricevere c'è Bakayoko che brucia ancora una volta Domoraud e batte Porato per la quarta volta in 35 minuti. Doppietta di Bakayoko ma soprattutto terzo assist del giocatore che da mezz'ora mi sta rubando lo sguardo.
Conoscevo Xavier Gravelaine solo di nome, lontano ricordo di qualche partita giocata a FIFA 98 proprio con il Marsiglia, squadra dove aveva passato le due stagioni precedenti. Scrivere questo articolo mi ha permesso di dargli un volto, liberandolo dalla coltre di pixel che lo aveva tenuto prigioniero per oltre vent'anni e di scoprire un calciatore di cui è stato facile innamorarmi. Talentuoso trequartista mancino, anche se ha intravisto il calcio che conta con le maglie più prestigiose di Francia, compresa quella della Nazionale, Gravelaine dà il meglio di sé in provincia, a Caen in particolare, dove conquista una qualificazione europea e tornerà a più riprese durante e dopo la sua carriera di calciatore. Un talento incompiuto di quelli che piacciono a me.
«Ne prendi uno, poi due e tutto diventa più duro. È in quei momenti che provi maggiormente la soluzione individuale ed è quello che ci ha reso più disorganizzati. Lì abbiamo smesso di giocare. Da qui anche il fatto che siamo arrivati alla pausa sotto di quattro goal e completamente demoralizzati». Sono le parole di Eric Roy a proposito dello spettacolo ignobile offerto dalla propria squadra di fronte al quale il pubblico del Velodrome si abbandona a fischi di disappunto che si fanno impietosi quando Blondeau sbaglia una rimessa laterale e concede il cambio palla agli avversari. Alla fine del primo tempo la struttura particolare dello stadio marsigliese, con il tunnel che porta agli spogliatoi situato in un angolo del terreno di gioco, sotto la curva, allunga l'agonia di una squadra che non sembra più in grado di intendere e volere. Sempre da quell'angolo di campo però, un quarto d'ora dopo, prende forma la follia che vedremo compiersi nel secondo tempo. Il primo indizio è il siparietto che al rientro in campo mettono in piedi l'allenatore dell'OM Rolland Courbis e il presidente del Montpellier Louis Nicollin. Courbis è un rude omaccione del sud, marsigliese doc, con un torbido passato legato allo scandalo della cassa nera del Tolone di qualche anno prima. Nicollin... beh se volete sapere che soggetto era leggete qui, non rimarrete delusi. Vediamo quindi Courbis avvicinarsi a Nicollin e dirgli: «Credo che che vinceremo 5-4! ». Il presidente del Montpellier ribatte con eleganza: «Ça c'est de couilles!», «questo è avere le palle!» in quello che è diventato un instant classic della storia del calcio francese.
«Ad ogni attacco segnavamo» ricorda Pascal Fugier, proprio lui che in apertura di ripresa ha l'occasione di firmare il quinto goal. Se non si fosse sbilanciato in avanti dopo il sombrero fatto a Blanc, permettendo a Porato di intervenire, oggi staremmo ricordando una partita altrettanto indimenticabile per Marsiglia, ma per i motivi opposti. «Se potessi cambiare qualcosa di quella partita sarebbe l'occasione fallita da Pascal» dice il centrocampista paillade Philippe Delaye, subentrato nel frattempo a Bakayoko. Dice bene perché di lì a poco succederà l'impossibile. È il 60', le telecamere riprendono i tifosi che si avviano verso l'uscita dello stadio, la notte è ormai scesa su Marsiglia e lo spesso poliestere della maglia numero 21 con lo sponsor Ericsson brilla alla luce dei riflettori. Courbis dirà che era tutto programmato ma l'ingresso di Christophe Dugarry sembra tanto la mossa della disperazione a cui l'allenatore marsigliese si affida in cerca di un miracolo al quale è rimasto l'unico a credere. Il tempo di infilarsi il cerchietto di plastica, quando ancora si poteva, e l'ex attaccante di Milan e Barcellona si vede recapitare da Blanc un pallone lungo sulla destra. Giunto sul fondo mette in mezzo per Maurice che azzecca il colpo di testa e segna. Passano due minuti, su calcio d'angolo di Pires, Dugarry svetta in mezzo all'area e batte nuovamente l'ultraquarantenne portiere del Montpellier Bruno Martini.
Dugarry ridona spirito al Velodrome mentre cominciano a vedersi i primi fumogeni. Alla ripresa del gioco si intuisce chiaramente come i giocatori di casa siano sospinti da una forza invisibile che li fa pattinare laddove i passi degli avversari si fanno sempre più pesanti. Domoraud, e non potrebbe essere altrimenti, non è più lui quando scatta sulla destra, fa un tunnel a un difensore e serve Maurice in area. I fischi diventano cori quando Blondeau interviene in scivolata su Robert e gli toglie la palla per la prima volta in tutta la partita. La pressione marsigliese si fa insostenibile e Dugarry gioca a tutto campo. È il primo difensore che fa ripartire l'azione dopo un calcio d'angolo del Montpellier, il rifinitore che detta l'ultimo passaggio a Titi Camara, che nel frattempo ha sostituito l'inutile Gouvrennec, ed è il centravanti di sfondamento che dal conseguente calcio d'angolo colpisce di testa e realizza il terzo goal. Bidone tra i meno rimpianti della Serie A, convocato ripetutamente e incomprensibilmente per anni in Nazionale, dove contendeva il posto ad Henry e Trezeguet, Dugarry fa la partita della vita, due anni dopo la doppietta nel 3-0 con cui il Bordeaux ribaltò la sconfitta subita dal Milan nell'andata dei quarti di finale di Coppa UEFA e che presentò lui e Zidane alla ribalta europea.
Quando al 90' Pires viene atterrato in area da Serredszum, suo compagno l'anno prima a Metz, lo stadio esulta come se avesse già assistito al sorpasso. Pires rimane immobile a terra, con lo sguardo fisso, mentre un compagno corre ad abbracciarlo. È come se si stesse per compiere quello che tutti in fondo sapevano sarebbe successo. Dal dischetto Blanc dà corpo alla profezia autoavverrante del Velodrome e realizza il 5-4, ma a quel punto non c'è più neanche la sorpresa di un'impresa che mi piace pensare sia stata così ardentemente voluta da un popolo da renderla inevitabile.
Al fischio finale sembra di aver assistito a due partite. Si esce spompati ma anche esaltati da un'esperienza che per chi l'ha vissuta deve essere stata inebriante. Tornati nello spogliatoio, con l'adrenalina ancora in circolo, Courbis
dice ai suoi giocatori: «Questa partita non è caduta dal cielo, ce la
ricorderemo alla fine della stagione, quando saremo campioni». Alla fine della stagione l'OM capitolerà all'ultimo minuto dell'ultima giornata, dopo nove mesi di un duello punto a punto con il Bordeaux di Micoud, Laslandes e Wiltord, che finirà il campionato da capocannoniere. L'OM si fermerà a un passo anche dal traguardo europeo dopo una semifinale rubacchiata con il Bologna (con rissa finale e Dugarry che stende Jimmy Maini) e un 3-0 senza appello subito dal Parma di Malesani nella finale di Coppa UEFA di Mosca, quella dove Cannavaro faceva finta (faceva finta?) di doparsi in albergo. Dugarry finirà la stagione con quattro goal, due dei quali segnati nell'incredibile partita del Velodrome, una partita che, per usare le parole di Courbis, non stupisce sia stata giocata a Marsiglia.
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