domenica 30 dicembre 2018

Necrologio 2018

Un altro anno che se ne va, un altro necrologio per celebrare chi ha deciso di appendere le scarpe al chiodo. Avevo un pezzo già pronto su Gigi Buffon ma anche quest'anno niente.


Antonio Cassano
36 anni
Un addio che mi addolora non poco, perché accompagnato dalla consapevolezza che sarebbe potuta continurare, almeno per un po'. A rattristarmi però è soprattutto il modo non enfatico, quasi in punta di piedi con il qual il suo addio è arrivato. Tutto il contrario di ciò che per oltre quindici anni Antonio Cassano è stato, in campo e fuori. Non si può dire sia stata una sorpresa il tweet con cui, l'ottobre scorso, Pierluigi Pardo ha comunicato il ritiro definitivo di Fantantonio, appena una settimana dopo l'annuncio del suo ritorno tra le fila della Virtus Entella. Inattivo da più di un anno, reduce da una storia mai nata con l'Hellas Verona, ogni sua comparsata in TV portava con sè la promessa del ritorno, perché no, non poteva finire così, con quell'ultima risicata annata alla Sampdoria, malsopportato da Zenga e Montella e riportato a casa più per compiacere la tifoseria che per reale convincimento dal presidente Ferrero. L'ultima stagione del Cassano giocatore è stata invece una stagione da comprimario, lui che mai volle esserlo e mai lo fu, neanche al Real Madrid, dove una forma fisica scandalosa e i suoi dissapori con Capello non fecero che alimentarne il mito. La mitologia di Antonio Cassano da Bari Vecchia è quella tipica del giocatore genio e sregolatezza, dello zero to hero, partito dal niente per conquistare tutto e ostentarlo. Un eroe trap, testimoniato dal doppio taglio a scodella che il diciassettenne Cassano sfoggiava già quel 18 dicembre del 1999, a San Siro, quando entrò nelle case di tutti gli italiani e diede corpo alla promessa contenuta in un allegato del Guerin Sportivo che lessi l'estate precedente: sentiremo parlare di lui.

Alberto Gilardino
36 anni
Due storie agli antipodi ma parallele quelle di Alberto Gilardino e Antonio Cassano: nato a Biella, nel profondo nord, il giorno della tripletta di Paolo Rossi al Brasile il primo, nato a Bari, il giorno della finale Mondiale contro la Germania il secondo. Qualche settimana dopo il debutto di Cassano ecco che Gigi Simoni fa esordire Gilardino in Piacenza-Milan. Con il Venezia arriva il primo goal: un controllo a rientrare in mezzo a due avversari concluso con un potente destro che ricorda vagamente la perla di Cassano contro l'Inter di qualche mese prima. In Under 21 il primo snodo. L'avvento del nuovo CT Claudio Gentile al posto di Marco Tardelli relega ai margini Cassano che concluderà anzitempo la sua storia con le Nazionali giovanili per trovare posto in quella maggiore. Chi invece beneficierà più di tutti dal cambio sulla panchina degli "azzurrini" è proprio Gilardino che diventa ben presto il punto di riferimento della Nazionale di Gentile che vincerà l'Europeo di categoria nel 2004 e la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene. Con il Parma conquista il 5° posto e la qualificazione in UEFA. Come in Under 21, la partenza di un compagno di squadra scomodo come Adriano fa le fortune di Gilardino che sotto la direzione di Prandelli termina il campionato con 23 goal segnati, uno solo in meno del capocannoniere Shevchenko. Nonostante la crisi societaria che minaccia la sopravvivenza del club, la stagione personale di Gilardino inizia con la prima convocazione nella Nazionale maggiore e prosegue con 23 goal che confermano il secondo posto nella classifica dei cannonieri dell'anno precedente. Il 24° arriverà nello spareggio salvezza vinto contro il Bologna, cifre che Gilardino non toccherà mai più. Appare ingeneroso nei confronti di un campione del mondo e d'europa come il Gila ma è forse questo il suo momento di massima forma, all'alba di una carriera decennale, che ha ancora in serbo i titoli più importanti. L'anno successivo il trasferimento al Milan suona come la consacrazione di una promessa destinata a diventare campione. Gilardino si trova a fare concorrenza a Pippo Inzaghi, suo idolo negli anni delle giovanili a Piacenza, ma è proprio qui, al cospetto del suo modello, che il basso profilo, la pacatezza del giovane Gilardino iniziano a sfumare in un limite di personalità che da lì in poi gli verrà imputato come causa della sua mancata affermazione a certi livelli. Il Mondiale e la Champions vinti durante i tre anni al Milan mitigano solo in parte l'amarezza lasciata dalla consapevolezza di non avere sfruttato fino in fondo l'occasione di una vita. A Firenze ritrova il suo mentore Prandelli, un incontro che segna l'inizio della seconda parte della carriera di Gilardino. Diventa il più giovane italiano a raggiungere i 100 goal in Serie A, si conferma l'attaccante prolifico che tutti conoscevano, ottimo per il fantacalcio, ma a cui mancherà sempre qualcosa. I goal diminuiscono anno dopo anno così come le ambizioni a inizio stagione. A Bologna, referenziata clinica di recupero per campioni dati per finiti, Gilardino ritrova la vena realizzativa di un tempo e anche qualche presenza in Nazionale. Abbraccia definitivamente la sua indole da bomber di provincia guadagnando ripetute salvezze laddove c'è ancora chi è pronto a scommettere su di lui. Nel 2017 la scelta di scendere di categoria, allo Spezia, in Serie B, dopo quasi vent'anni e 189 goal nella massima serie, il violino mostra i segni del tempo e a volte suona leggermente scorato ma c'è ancora tempo per un ultimo assolo. Applausi.


Alessandro Lucarelli
41 anni
Non mentiamo a noi stessi, fino a tre anni fa Alessandro Lucarelli è stato il fratello di Cristiano, quello figo, con il pugno alzato, l'idolo della Livorno calcistica e operaia. Alessandro era quell'altro, difensore e quindi meno incline all'idolatria dei tifosi, un onesto giocatore di provincia, buono per una salvezza tranquilla. Nel 2012 diventa il capitano del Parma, nel 2015 arriva il fallimento al termine di una stagione passata mestamente in coda alla classifica. Sembra tutto finito: per conservare i titoli conquistati durante la sua storia, la società è costretta a cambiare denominazione e a ripartire dal campionato Dilettanti. È il fuggi fuggi generale e anche il capitano, a 38 anni, sembra troppo vecchio per imbarcarsi in una simile avventura. L'annuncio della sua decisione di rimanere anche tra i Dilettanti è un'iniezione di fiducia per una squadra a cui non era rimasto altro a cui aggrapparsi se non il proprio passato, simboleggiato dalla presidenza di Nevio Scala. Lucarelli è fondamentale per la promozione in Lega Pro e l'anno seguente centra la seconda promozione consecutiva. A 40 anni raccoglie l'ultima sfida, l'assalto alla Serie A che si conclude con la festa al Tardini e il ritiro della sua maglia numero 6. Tre anni che valgono una carriera.

John Terry
40 anni
Per chi vive fuoi dai nostri confini è probabilmente il ritiro più eccellente dell'anno. Un anno dopo Lampard, il Chelsea ammaina la sua ultima bandiera. John Terry è stato il simbolo e il capitano del Chelsea durante i momenti più importanti della sua storia. Terry è l'ultimo testimone del Chelsea prima che avesse completato quel processo di internazionalizzazione iniziato alla fine degli anni Novanta con l'acquisto di Gullit e degli italiani e portato a compimento da Roman Abramovich. Gettato nella mischia da Vialli non ancora maggiorenne, Ranieri fu il primo a puntare stabilmente su di lui e a regalargli la prima fascia di capitano a soli 21 anni. È però Mourinho a determinarne il salto di qualità e a farne uno dei più apprezzati difensori d'Europa. Arrivano i titoli e le finali e con esse le delusioni, come il rigore fallito maldestramente in Champions contro il Manchester United, ferita rimarginatasi solo qualche anno dopo, quando centinaia di milioni dopo gettati dal suo presidente Terry riesce finalmente a sollevare la coppa dalle grandi orecchie. Non so però... dall'alto della nostra tradizione in fatto di difensori, la figura di Terry non ha mai veramente raggiunto lo status di cui gode all'estero e per noi rimane soprattutto lo stronzone che fatto cornuto il suo amico Wayne Bridge.

Didier Drogba
40 anni 
Nel giro di due anni il Chelsea ha perso quattro figure mitologiche. Didier Drogba è l'ultimo in ordine cronologico, il terzo quest'anno. Come Terry anche Drogba deve una buona fetta della sua grandezza a Mourinho. «Se vuoi essere l'unico re, allora torna pure nel campionato dove giocavi prima e segnavi 100 gol. Qui ci sono 22 re: o lo accetti e lavori con gli altri, oppure puoi andare via», Così lo Special One infuse la motivazione necessaria a Drogba al termine della sua prima stagione in Inghilterra, quando lo stress accumulato lo aveva convinto a tornare in Francia. Carriera atipica quella di Drogba, esploso relativamente tardi, dopo la gavetta a Le Mans e Guingamp, a 25 anni arriva al calcio che conta con l'Olympique Marsiglia, prima di iniziare una lunghissima seconda parte di carriera. Costruisce il suo mito durante gli otto anni passati a Stamford Bridge e culminato con la vittoria in Champions nel 2012, nella stagione più impronosticabile. Nel frattempo contende a Samuel Eto'o il monopolio dell'immaginario di una gioventù africana che vede finalmente due suoi rappresentanti primeggiare a livello internazionale e che aspettava un modello di successo nel quale riconoscersi dai tempi di George Weah. Drogba regala anche alla Nazionale traguardi mai raggiunti, come le tre fasi finali mondiali tra 2006 e 2014, chiuse al primo turno più per sfortuna nei sorteggi che per demeriti propri, mentre arriva più di un a volta a un passo dall'obiettivo di una vita, qualla Coppa d'Africa che troppe volte la Costa d'Avorio sembrava destinata a vincere e che invece arrivò postuma, poco dopo l'addio di Drogba agli Elefanti. La sua carriera prosegue tra Cina, Galatasaray, un breve ritorno al Chelsea e infine l'America dove, pur giocando ancora getta le basi per il suo futuro diventando azionista dei Phoenix Rising. Salut Roi Didier.


Joe Cole
37 anni
«Messi sa fare cose incredibili ma niente che Joe Cole non potrebbe fare, se non meglio». Steven Gerrard non era l'unico a pensarla così di questo centrocampista tecnico come non se ne vedono troppi in Inghilterra ma da sempre limitato da tanti, troppi infortuni. Una storia già vista: il talento incompiuto che in quanto tale si eleva a sublime e diventa di culto. Il suo goal contro la Svezia nei Mondiali del 2006 è l'immagine di copertina di un libro ricco di dribbling, tackle e rabone apprezzabili nonostante, o forse grazie a questo 240p. Il suo ritiro, che ha precedeuto di pochi giorni quello del suo ex compagno Drogba, ha chiuso l'ultimo capitolo di questo libro, cominciato, come per Lampard e Terry, al West Ham, e proseguito con le entusiasmanti pagine del Chelsea di Mourinho. Dopo passaggi agrodolci tra Liverpool e Lille anche per lui c'è l'America. Per fortuna ogni fine è un nuovo inizio e pochi giorni fa il Chelsea ha annunciato Joe Cole come nuovo responsabile delle giovanili.

Marco Fortin
44 anni
Uno di quei giocatori capaci di lasciare un segno nella memoria che va al di là del talento o dei trofei. Il ricordo di Marco Fortin in Serie A sembra molto più fresco dei dieci anni passati dalla sua ultima stagione nel massimo campionato. Cinque anni, nemmeno da titolare, tra Siena e Cagliari, ma una sagoma, con la testa rasata, il pizzetto e il suo numero 14 immediatamente riconoscibili. Ne avevo perso le tracce, scopro che qualche anno fa diventò il secondo italiano a giocare nel campionato cipriota e che, emule del suo corregionale Pierobon, ha giocato fino oltre ai 40 anni, passando le ultime stagioni nel Calvi Noale, la squadra della sua città, con cui ha conquistato il secondo posto in Eccellenza e segnato anche un goal su rigore. 

Rafael Van Der Vaart
35 anni
Un nome che ogni tanto affiora alla memoria, quando meno te lo aspetti: che fine ha fatto Rafael Van Der Vaart? Ogni volta sorprendeva saperlo ancora in attività, saperlo ancora così giovane, in fondo non ha che 35 anni, quando quest'estate firma il suo ultimo contratto con i danesi dell'Esbjerg. Giocherà tre partite prima del ritiro. Un'altra storia da bello incompiuto, quella di Van Der Vaart, il più giovane capitano nella storia dell'Ajax, legato indissolubilmente nella mia memoria al suo compagno di allora Andy Van Der Meyde e agli anni dell'Amburgo, al punto da farmi dimenticare i suoi trascorsi con il Real Madrid.

Luisão
37 anni
Come Van Der Vaart, Luisão era una delle mie certezze durante le ricorrenti crisi di mezza età. Ogni anno era un piacere rivederlo nelle notti di Champions giganteggiare con i 194 centimetri in mezzo all'area di rigore, la propria e quella altrui. Arrivato dal Cruzeiro nel 2003, per lui il tempo non sembrava passare mai, sempre ugual,e con la sua pelata e il naso acquilino, incurante delle stagioni che passavano e dei trofei che ne hanno fatto il primatista nella storia del Benfica. Luisão vanta anche un'inaspettata carriera in Nazionale, della quale ha vestito la maglia a più riprese venendo convocato addirittura per due Mondiali. Anche quest'anno hai saputo stuprimi.


Henri Camara
41 anni
Del mitico Senegal che arrivò ai quarti di finale mondiali in Giappone e Corea ci si dimentica spesso di lui. Meno appariscente dell'estroso Diouf, meno celebrato dell'autore del goal contro la Francia Papa Bouba Diop, Henri Camara fu uno dei giocatori più decisivi di quella spedizione. Fu sua la doppietta che stese la Svezia e regalò i quarti di finale al Senegal. All'epoca giocava nel Sedan e contrariamente a molti suoi compagni il Mondiale non portò un radicale cambiamento di vita. La stagione successiva subì la retrocessione con la squadra francese alla quale seguì però la chiamata del Wolverhampton in Premier League. Le stagion passate in Inghilterra sono altalenanti e contrassegnate da due retrocessioni. Trova un po'  di continuità al Wigan, dove alla prima stagione va in doppia cifra. In Premier trova sempre meno spazio e così accetta, prima di scendere in Championship e poi di migrare in Grecia, dove si spende l'ultima parte della sua carriera a caccia della centesima presenza in Nazionale. Con il Panetolikos subisce l'ennesima retrocessione ma decide di restare e contribuire alla promozione dell'anno successivo. Nonostante l'età ormai abbondantemente sopra i 30 Camara gioca con regolarità e continua a segnare. Nel 2017, a 40 anni, accetta di scendere in terza divisione dove gioca le ultime due stagioni prima del ritiro annunciato questa estate. Termina la carriera senza l'ambita presenza numero 100 in Nazionale ma con cinque goal in più di un certo Diouf.



Menzione d'onore per un altro pezzo di Chelsea come Florent Malouda, il gringo Clint Dempsey, due portieri di lungo corso come Roman Weidenfeller e l'ultraquarantenne Quim, per i difensori russi Igor Ignascevich e i gemelli Vasili e Aleksei Berezutski, per Nicolas Burdisso e per Matuzalem, ancora giovane centrocampista del Napoli secondo me ma che ha terminato quest'anno la carriera con i dilettanti del Monterosi, non senza prima beccarsi una squalifica per aver tirato uno schiaffo all'arbitro.

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